Sicitaliano è una parola macedonia. Non è il massimo, lo so, e, come altre parole del genere, indica varietà linguistiche miste, non felicissime né amatissime. E non a caso la si registra ancora con una certa fatica e si trova poco, anche sul web. Oggi, venerdì 13 marzo 2015, su Google affiorano appena 119 risultati e parte subito l'invito a fare la ricerca con siciliano, et pour cause. Poi, a parte qualche link che rinvia a studi sulla formazione delle parole in italiano, quasi tutti gli altri esiti sono relativi a pagine, quando va bene, scherzose (accolte pure dal "Corriere della sera.it"). Ebbene io vorrei — ammesso e non concesso che la cosa sia possibile o ancora possibile — farne un uso diverso e positivo, oltre che serio, in questo mio breve articolo dedicato a un particolare insieme di titoli che, fra edizioni curatissime e saggi riuscitissimi, fanno onore alla letteratura sicitaliana, ovvero siciliana e italiana e finanche (e parecchio) europea.
Chi la studia e la edita, da anni, in seno alla letteratura italiana tutta e a quella moderna e contemporanea in particolare, partendo anche soltanto dall'Ottocento e arrivando fino ai nostri giorni, non affronta, come storico della letteratura e filologo, un compito facile. E direi quasi di più, perché mi viene da suggerire — con l'amico Ernesto Ferrero, che scrive a proposito di Consolo, sul supplemento culturale di "La Stampa", il "TuttoLibri" di sabato 7 febbraio 2015, a p. IV — che il critico, il curatore è quasi una specie di riparatore di torti, una persona che risarcisce un'altra persona — spesso a titolo postumo ma non sempre — grazie a una «sapiente empatia critica»; empatia che ha a che fare, più sovente di quanto si immagini, con la comune umanità e l'etica. E a tal punto che a lasciar parlare l'entusiasmo, potremmo dire che lo studioso, lo storico letterario, il critico, il filologo non siano altro che un Robin Hood dei nostri giorni. The Critic is back! The Critic as Robin Hood!
Lo dico, tutto questo, perché spesso — e sempre più — si ha un'idea sbagliata del critico. Lo si scambia, proprio al contrario, per l'esattore delle tasse, per un parassita, per una persona pagata per derubare gli scrittori e farsi sostanzialmente gli affari suoi, per far carriera in università e centri di ricerca, per parlare a vanvera, affabulare quando va bene. Ebbene, chi crede a tutto questo sbaglia, o quanto meno generalizza assai, almeno quanto chi se la prende con tutti i medici o con tutti i politici.
Peccato, perché c'è un sacco di gente, in giro per il mondo e anche in Italia, che lavora per davvero. Ed è proprio a questo proposito che mi piace accomunare tre pubblicazioni più o meno recenti, tese fra l'ottobre 2014 e il gennaio 2015, che si devono a Paolo Squillacioti, Giuseppe Traina e Gianni Turchetta.
Paolo Squillacioti continua il suo lavoro filologico di attenta edizione delle Opere di Leonardo Sciascia (1921-1989) con il tomo I (del volume II) dedicato a Inquisizioni e Memorie e pubblicato da Adelphi nella preziosa collana animata da Giorgio Pinotti, "La Nave Argo" (n° 16), nell'ottobre del 2014; Giuseppe Traina, da storico della letteratura e critico militante a un tempo, ci offre — in Siciliani ultimi?, edito nella bella collana di Luigi Weber, "Lettere Persiane", di Mucchi, nel novembre 2014 e con l'utile Prefazione di Giuliana Benvenuti (autrice di Microfisica della memoria. Leonardo Sciascia e le forme del racconto, B.U.P. 2013) — un ponte tra quel passato prossimo dentro cui abbiamo ancora l'impressione di poter essere — vivere, leggere e imparare per davvero, da Gesualdo Bufalino (1920-1996) antologista per esempio — e quel presente che è sempre una scommessa sul futuro; infine ma non certo ultimo, Gianni Turchetta, nel gennaio del 2015, a soli tre anni dalla morte di un altro grande scrittore siciliano, ha il coraggio di scottarsi le dita curando quella specie di lava incandescente, di magma non ancora raffreddato che è L'opera completa di Vincenzo Consolo (1933-2012), edita nei "Meridiani" di Mondadori — collana che in Italia è un po' l'equivalente della "Bibliothèque de la Pléiade" di Gallimard (tanto per intenderci) e che in questa occasione specifica fa anche ricorso a uno scritto di Cesare Segre, che già aveva saputo apprezzare Consolo in vita e a cui, sia detto en passant ma sia detto, l'ultimo numero della rivista "Signata" (5, 2014; diretta da M.-G. Dondero per le PULg), dedicato a Letteratura e semiotica: storia ed epistemologia, per la cura di J.-P. Bertrand, F. Provenzano, V. Stiénon, voleva fare un omaggio con un'intervista resa impossibile soltanto dalla malattia e dalla morte dello studioso nel marzo del 2014.
Della loro generazione, Paolo Squillacioti (Catanzaro 1965), Giuseppe Traina (Catania 1963) e Gianni Turchetta (Salerno 1958) sono fra i migliori 'operai' al servizio del 'cantiere' letterario italiano che trova nell'isola che sembra presa a calci dallo stivale nazionale un vero e proprio trampolino di lancio per sempre nuove avventure editoriali, filologiche e saggistiche. Il tomo curato da Squillacioti ci ricorda quanto significativo sia, in Sciascia, il titolare alla memoria e finanche alle inquisizioni: e viene in mente Borges, ovvio, ma anche Jules Monnerot, per esempio, e ben al di là del discorso-muro ideologico-artistico eretto da anonimi terzi per 'isolare' opere difficili da classificare e che sono, certo, racconti-inchiesta, cronachette ma anche e già saggi, nel loro splendido non dirsi e non darsi come tali ma nel loro farsi come una sorta di continuo e fecondo 'diario in pubblico' (contraddittorio e paradossale ma sempre pronto a inchinarsi per raccogliere quel che rimane della dignità essenziale dell'esistenza dolorosa degli uomini sulla terra).
La raccolta saggistica di Traina è un connubio raro di conoscenza e passione, di tanti, generosi input e volontà (somma) di condividere ricerche e riflessioni, oltre che di scovare vie, percorsi anche nel silenzio, per esempio in quello di Vincenzo Consolo, che pubblica l'ultimo romanzo nel 1998, quattordici anni prima della sua scomparsa, sottraendosi a quell'omologazione che sarà di altri, a partire da Andrea Camilleri (1925), lucido e scaltro ma non sempre e solo tale, come ammette Traina in seno ad autocritica, citando l'apprezzata lettura di opere come il notevole Il re di Girgenti (2001). Non a caso — fin dal sottotitolo del suo lavoro e poi nell'efficace Introduzione allo stesso — Traina risponde alla domanda posta dal suo titolo intrigante e curioso: la triade di Sciascia, Bufalino e Consolo può effettivamente chiudere, in seno a una Finis Siciliae (per dirla alla Di Grado), una stagione magnifica di quella letteratura siciliana che è, dall'Ottocento al Novecento, italiana ed europea. Eppure c'è un oltre composito che, pur nella distanza (a volte davvero altra, come in Viola Di Grado o in Giorgio Vasta), recupera via via modelli: quelli sciasciani del racconto-inchiesta con Maria Attanasio e Paolo Di Stefano, o del 'giallo politico-antropologico' con Santo Piazzese; o quelli consoliani, in seno a iperletterarietà, con Pino Di Silvestro. E Gianni Turchetta riesce a restituirci — scavando nella laboriosissima scrittura di Vincenzo Consolo e offrendoci la memoria della stessa grazie alle carte dell'archivio privato — l'apertura e la semplicità di un uomo che non esita a scommettere, in senso espressivo, barocco, sulla letteratura, per parlare davvero all'umanità tutta, attraverso un percorso storico forte che dal Risorgimento al Fascismo e alle stragi mafiose e politiche degli anni Novanta lo conduce quasi naturalmente a una specie di afasia, di abbraccio del silenzio, come ultima, residua forma di resistenza, specie per chi tutto ha dato alla 'parola plurale', all'intreccio di voci. Del resto, già lungo quegli anni Ottanta che portano a Retablo (1987) e a Le pietre di Pantalica (1988) e che deludono, il Nostro e altri, in termini di progresso civile e culturale (e in particolare pensiamo, va quasi da sé ma è bene ricordarlo, a Corrado Stajano), Consolo cerca il modo di preservare la parola e di agire perché una parola non sia solo una parola e un'immagine non sia solo un trompe l'oeil. Con Consolo, insomma, finisce quella scrittura illuministica, di speranza, che era ancora potuta essere quella di Sciascia.
Luciano Curreri
Mars 2015

Luciano Curreri enseigne la langue et littérature italienne contemporaine à l'Université de Liège.
Leonardo Sciascia, Opere, Volume II, Inquisizioni. Memorie. Saggi, Tomo I, Inquisizioni e Memorie, a cura di Paolo Squillacioti, Milano, Adelphi, "La Nave Argo", 2014, pp. 1437.
Giuseppe Traina, Siciliani ultimi? Tre studi su Sciascia, Bufalino, Consolo. E oltre, Prefazione di Giuliana Benvenuti, Modena, Mucchi, "Lettere Persiane", 2014, pp. 118.
Vincenzo Consolo, L'opera completa, a cura e con un saggio introduttivo di Gianni Turchetta e uno scritto di Cesare Segre, Milano, Mondadori, "I Meridiani", 2015, pp. CLIII, 1565.