Per il desiderio
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Il desiderio – ammesso e non concesso che possa «chiudere » il désir di Jacques Dubois in una traduzione così mimetica, da dizionario in linea – pervade il mondo, lo fa e di fatto coincide con esso, con la sua ricchezza, la sua pluralità, la sua devastante bellezza.

Attraverso gli occhi, che vedono la terra, i paesaggi, i corpi e che leggono i libri, riconoscendo le scritture dell'universo, gli uomini non fanno che desiderare tutta la loro vita. E non è certo cosa di cui vergognarsi. Ci si dovrebbe vergognare di ridurre il desiderio al possesso : di una terra, di un paesaggio, di un corpo, di una lingua, di un linguaggio. E questa è anche un'ambizione da uomo di lettere, oltre che da scienziato.

Ecco, Dubois è stato anche famoso, in gioventù, per averci dato, con gli amici del Gruppo μ, una retorica generale e applicata, che è un modo per ordinare e possedere il mondo. Oggi, in seno a un'altra età e saggezza e per quanto abbia sempre bisogno di figures, Jacques opta per « la beauté du monde », filtrata attraverso una decina di esemplari figure femminili del romanzo otto-novecentesco di lingua francese, di cui prolunga la vita, in seno a una critique amoureuse e al libero e leggero rapporto che quest'ultima concede al desiderio del fine lettore, del partecipe, sensibile saggista (con un francese cui io non giungerò mai, fatalità da cui scaturisce la scelta di scrivere nella mia lingua madre).

La critica, allora, prolunga i testi e i personaggi femminili degli stessi a partire da un dettaglio, che via via fa sistema, quasi come in certa stilistica, specie se declinata con l'apporto di altre modalità ermeneutiche (d'ordine psicanalitico e sociologico, per esempio). Non posso non pensare all'ultimo Starobinski, almeno da Largesse (1994) in poi.

Non posso non pensare a quanto di felice, di positivo ci sia nelle 'rêveries' di Jacques, un po' bachelardianamente teso a raccontare il meglio del mondo – e delle sue rivoluzioni di davvero lunga durata (la rivincita della donna sulla «domination masculine» dell'amico Bourdieu) – e a sottacere il resto, come nel capitolo dedicato a Le Train di Simenon e sopratutto a Anna, che, nonostante sia agent du Komintern, non è creatura propriamente storica ma, per l'appunto, universale, figlia, com'è, di un desiderio meno pesante (e quindi non più figlia, in un certo senso, dello stesso romanzo di Simenon).

 

Luciano Curreri
Octobre 2011

 

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Luciano Curreri
enseigne la langue et littérature italienne contemporaine à l'Université de Liège.